domenica 15 settembre 2013

LE SOLITE STRONZATE DEL TEOLOGO EX PRETE VITO MANCUSO NEL SUO COMMENTO ALLA RISPOSTA DEL PAPA A SCALFARI .

Pur non avendo alcuna simpatia politica per il padre padrone del quotidiano La Repubblica Eugenio Scalfari non posso non convenire con lui nel dire che l'uomo è unascimmia pensante, anche se Scalfari, da ignorante in fatto di conoscenze scientifiche e di filosofia (su cui ha scritto da dilettante) non sa che lo stesso Darwin mai affermò che l'uomo derivasse dalla scimmia. Dalle ultime conoscenze derivanti dalla paleontologia (conoscenze che Darwin non poteva ancora avere pur avendo predetto l'esistenza di un anello mancante tra uomo e scimmia) si è arrivati alla conclusione che l'uomo e le scimmie derivano da una specie che nell'evoluzione biologica risale a circa 20 milioni di anni fa. Solo circa 6 milioni di anni fa vi fu una evoluzione che portò alla distinzione tra scimmie antropomorfe e autralopithecus africanus. Questo fu dovuto al fatto che un sollevamento della crosta terrestre lungo una verticale subsahariana portò alla desertificazione ad est con la formazione della savana, mentre a ovest rimase la foresta, che continuò ad essere l'ambiente delle scimmie. La separazione geografica fu dunque all'origine della differente evoluzione che ebbe il progenitore delle scimmie e dell'autraolopithecus, la cui ulteriore evoluzione è dovuta al necessario adattamento ad una nuova condizione ambientale, quella della savana, dove l'ominide dovette mettersi in concorrenza con i predatori per sopravvivere. In origine l'australopitecus africanus era erbivoro, ma evolvendosi verso l'homo abilis circa 3 milioni di anni fa per sopravvivere divenne anche carnivoro, ma non cacciatore. Si limitava a nascondersi (essendo ancora preda dei predatori della savana) per limitarsi a mangiare i resti che lasciavano i predatori. Solo l'homo erectus (impropriamente detto erectus perché già l'australopithecus aveva acquisito la stazione eretta) l'homo divenne cacciatore con la contestuale scoperta del fuoco. L'autralopithecus ebbe una ulteriore evoluzione nell'homo abilis, nell'homo erectus (a partire da 800 milioni di anni fa e poi all'homo sapiens, a partire da circa 150 mila anni fa. Se le cose stanno così vi è da domandarsi: in quale fase dell'evoluzione biologica l'homo avrebbe avuto l'anima immortale da un supposto Dio? Era già l'australopithecus dotato di anima immortale? E' impossibile. Se l'anima immortale deve essere accompagnata da una coscienza responsabile del bene e del male non si può dire che l'autralopithecus potesse avere una coscienza morale. Ed è difficile che la potesse avere l'homo sapiens di 150 mila anni fa, nemmeno quando si differenziò nell'homo sapiens di Neanderthal e nel sapiens sapiens. Darwin scrisse ne L'origine dell'uomo che l'uomo primitivo (ma Darwin non dice a quale fase dell'evoluzione ciò sarebbe avvenuto) incominciò a credere nella sopravvivenza dell'anima quando incominciò a credere che nei sogni le immagini dei parenti defunti provenissero dai loro spiriti. Da quel momento incominciò a seppellire i cadaveri dei suoi parenti e incominciarono le onoranze funerarie. 
Alfred Russel Wallace, contemporaneo di Darwin e coscopritore dell'evoluzione biologica fondata sui mutamenti casuali di una specie e sulla selezione naturale di tali mutamenti, non sapendo spiegarsi come mai l'evoluzione del cervello umano fosse avvenuta in tempi relativamente brevi, ad un certo punto abbandonò la spiegazione scientifica e introdusse un'azione divina sul cervello umano che ne avrebbe accelerato l'evoluzione. Darwin, che onestamente riconobbe sempre che Wallace era arrivato indipendenemente da lui alla teoria dell'evoluzione biologica fondata sulla selezione naturale, rimase sconcertato di fronte alla svolta di Wallace e gli scrisse: "tu hai ucciso il nostro comune figlio", cioè la stessa teoria dell'evoluzione naturale fondata sulla selezione naturale. E Wallace, dopo questa svolta spiritualistica, si diede allo spiritismo.    
Ma come poteva Wallace fare riferimento ad un intervento divino sull'evoluzione del cervello umano se ciò comporta un disegno intelligente della natura che invece è escluso proprio dalla precedente ammissione che prima dell'intervento divino sul cervello umano l'evoluzione sarebbe avvenuta sulla base di mutamenti CASUALI su cui sarebbe intervenuta la selezione naturale? Darwin di fronte alle questioni teologiche se la sbrigò semplicemente accettando il consiglio che diede il suo amico e sostenitore Thomas Huxley, che gli disse: se ti domandano se tu creda nell'esistenza di Dio non rispondere che sei ateo, ma rispondi: SONO AGNOSTICO. Pochi sanno il termine "agnosticismo" non fu inventato da Darwin  ma dal suo amico Huxley. Mi spieghi Mancuso se la caduta del grande meteorite sulla penisola dello Jukatan (Messico) 65 milioni di anni fa, che portò alla sparizione dei grandi rettili, che diede luogo alla successiva evoluzione dei piccoli mammiferi che vivevano nascosti e infrattati per sottrarsi  alla predazione dei grandi rettili, sia stata voluta da Dio. Infatti senza la sparizione dei grandi rettili non vi sarebbe stata l'evoluzione dei mammiferi, che erano già derivati da piccoli rettili attraverso la fase dei mammaliani (animali che erano ancora per metà rettili e per metà mammiferi, poi estintisi per selezione naturale. Mancuso dovrebbe affermare che il meteorite fu scagliato da Dio per favorire l'evoluzione dei mammiferi, senza la quale non sarebbe apparso nemmeno l'uomo.Ma ciò farebbe solo ridere.
Fatta questa lunga premessa, con contenuti qui riassunti e che ho sviluppato in profondità  nel mio libro di 518 pagine intitolato Filosofia e biologia. Origine della vita ed evoluzione biologica. Casualità e necessità*(purtroppo sepolto nel quaderno n. 43 degli Annali della Facoltà di scienze della formazione dell'Università di Cagliari, 1999) debbo ora riportare quanto ho scritto contro le stronzate del noto teologo Vito Mancuso. Egli è assai peggio di Wallace, il quale, almeno, ammetteva, se pur contraddicendosi dopo, che l'evoluzione biologica era fondata sui mutamenti CASUALI e sulla selezione naturale. Ma questo per il grafomane ripetitivo Vito Mancuso non basta. Egli da teologo rimasto cristiano, sebbene il Vaticano lo abbia espunto ed espulso quale teologo considerandolo un pericoloso eretico, continua a ripetere cose assurde, che logicamente e scienticamente non stanno né in cielo né in terra. Egli afferma infatti che tutta l'evoluzione è indirizzata verso il bene, confondendo la natura con i valori morali. Ma che stronzata è questa? Se l'evoluzione naturale è fondata sulla spietata selezione naturale (mangia tu ché poi ti mangio io) e tutta l'evoluzione è fatta di errori sin dalla formazione del DNA (da cui l'origine di tutte le malattie di origine genetica) come si può dire che l'evoluzione è indirizzata verso il bene? Egli, facendo un minestrone di spiritualismo e di manipolazione arbitraria di dilettantesche conoscenze scientifiche, offre una visione edulcorata dell'evoluzione che assomiglia tanto a quella del maggiore filosofo spiritualista che fu il francese (di origine ebrea) Henri Bergson (L'evoluzione creatrice). Ma Bergson non arrivò mai a sostenere apertamente l'immortalità dell'anima, essendo rimasto ad una concezione immanentistica, escludente la verità di un Dio trascendente. Il cervellone LEIBNIZ (1646-1727) offrì una soluzione simile a quella di Wallace dicendo che Dio avrebbe infuso l'anima immortale nell'uomo per "folgorazione" in un momento particolare dell'evoluzione. Ma è evidente che allora si era in pieno trionfo della metafisica, pur essendo il matematico Leibniz il fondatore dell'analisi infinitesimale e della dinamica, avendo introdotto il concetto e la formula della forza viva (oggi chiamata energia cinetica, eguale al prodotto della massa per il quadrato della velocità). Come teologo Leibniz non poteva non affermare che questo dovesse essere il migliore dei mondi possibili altrimenti non si sarebbe potuta attribuire a Dio la perfezione. Voltaire, come si sa, irrise all'affermazione di Leibniz nel romanzo Candido o dell'ottimismo. Il terremoto di Lisbona che rase al suolo la città nel 1755 provocando 50.000 morti (cifra enorme per quei tempi, considerata la popolazione di allora) frenò ogni ottimismo dei filosofi, e Voltaire scrisse per questo una poesia sconfessando ogni progetto intelligente della natura. Schopenhauer replicò a Leibniz circa un secolo e mezzo dopo  scrivendo che questo è il peggiore dei mondi possibili. A tal punto che, se fosse un tantino peggiore, non potrebbe nemmeno esistere.
Che va dunque ancora scrivendo Vito Mancuso con le sue stronzate? Egli purtroppo trova spazio nelle TV e sui giornali facendo l'opinionista e godendo per questo di una immeritata notorietà. Perché si sa che il grosso pubblico vuole trovare consolazioni e speranze per esorcizzare il pensiero della morte. E per questo il Mancuso li può accontentare abbondantemente. Ma chi si accontenta di Mancuso deve sapere che si accontenta di stronzate. Io non sono riuscito a pubblicare nelle stesse case editrici in cui ha pubblicato Mancuso, perché queste non accettavano che io scrivessi contro di lui, divenuto ormai personaggio televisivo. Ma non ho mai scritto stronzate come Mancuso. Debbo riconoscere che ultimamente Mancuso, di fronte a certe domande circa l'immortalità  dell'anima alla luce dell'evoluzione biologica, ha ammesso che deve esistere coerentemente anche l'immortalità dell'anima non umana. Ma io allora gli domando: esiste anche l'immortalità delle pulci, delle schifose e maledette zecche, delle zanzare, dei vermi, e, perché non, anche dei batteri? Forse non sono anche i batteri degli animali? Risponda Mancuso, visto che pretende di conoscere la verità assoluta, come risulta dal seguente articolo. Il fatto che in esso si appelli a S. Agostino, un fanatico che scrisse che fuori della Chiesa non vi era salvezza ma solo una massa dannata, mi fa capire che Mancuso non abbia inteso bene nemmeno Agostino.
LA REPUBBLICA DELLE IDEE

Il Papa, i non credenti e la risposta di Agostino

Sofri: la pelle degli operai

Il Papa, i non credenti e la risposta di Agostino Dopo il successo di Bologna, Torino, Bari e Firenze il dialogo con i lettori prosegue. Sul sito del Festival il confronto sulle idee che ogni giorno sono ospitate dal quotidiano. Passo di Sant'Agostino aiuta a comprendere la posta in gioco nella fede di VITO MANCUSO

Ecco quanto avevo già scritto il 17 gennaio 2010

Il teologo delle stronzate Vito Mancuso (incosciente o disonesto)


Ed ecco quanto ho scritto in un capitolo nel mio libro Io non volevo nascere


Mi viene in mente un libro che ha avuto tanto successo recentemente. Quello di Vito Mancuso (L'anima e il suo destino). L'autore ha scoperto l'acqua calda dando un'interpretazione finalistica (e perciò antiscientifica) dell'evoluzione naturale, non accorgendosi di avere ripetuto un'interpretazione che fu data già nel XVII secolo da Leibniz. Egli non ha fatto che riprendere l'interpretazione già data da alcuni teologici. Valga qui per tutti1 quella – portata all'estremo - di Teilhard de Chardin, gesuita paleontologo, che considerò addirittura il Cristo come punto omega di tutta l'evoluzione biologica dell'uomo. Mancuso - andando oltre i teologi, che interpretarono il peccato originale come peccato che, commesso da una comunità di uomini giunti ad una certa fase dell'evoluzione della specie umana, si sarebbe esteso a tutta l'umanità - ha eliminato alla radice il peccato originale, ma furbescamente ha evitato tanti altri interrogativi pur di offrire al lettore, sotto la maschera della scientificità, una sorta di panacea, una consolazione e una speranza dopo la morte, proponendo la natura come immagine della bontà divina. Ma scherziamo? Facendo un buon minestrone di fantasia filosofica (quale quella dello spiritualista Bergson) e di superficiali conoscenze scientifiche, Mancuso ha voluto esorcizzare la paura della morte proponendo un'immagine dell'universo in espansione da più di 4 miliardi di anni dal Big Bang (ignorando le recenti teorie del multiverso, cioè degli universi paralleli) per trarne la bizzarra conclusione che esso è manifestazione di un'energia spirituale che, volgendosi verso “una pienezza di spiritualità che è la pienezza della vita”, non può escludere in esso la presenza di un progetto divino, e perciò di un'anima immortale dell'uomo, senza spiegare perché - nonostante il suo ricorso al concetto neoplatonico di exitus et reditus (tutto proviene da Dio e tutto ritorna a Dio) - non abbia attribuito l'anima immortale anche a tutti gli esseri viventi - coerentemente con la concezione neoplatonica della reincarnazione di tutti gli animali - e perciò anche alle pulci, alle zecche, ai pidocchi, alle zanzare, etc. Mancuso è rimasto legato al concetto di intelletto attivo di Aristotele, che egli ha ritenuto essere immortale, al contrario di quello passivo, ignorando che Aristotele non si è mai pronunciato sull'immortalità dell'intelletto attivo individuale, che partecipa dell'intelletto attivo impersonale. Tanto è vero che il maggiore commentatore di Aristotele, Averroè, ritenne che anche l'intelletto attivo, se riferito all'individuo, fosse mortale. Mancuso ha considerato il male (da lui antropomorficamente identificato con il negativo e rappresentato, per esempio, dalle malattie di origine genetica) come fattore propulsore della stessa evoluzione, che lo supererebbe nella selezione naturale. Così dimostrando di avere una pessima conoscenza dell'evoluzione biologica, giacché la selezione naturale non è onnipotente e non tende verso una perfezione che sia funzionale al miglioramento della vita biologica degli esseri viventi sottraendoli a tutte le cause che sono all'origine delle loro malattie. Eliminato il male ed esorcizzato “il sentimento connaturato di orrore verso la morte”, considerata come evento naturale che fa parte della vita e che prelude all'immortalità, Mancuso propone al lettore l'accettazione di una “morte senza rischio” come condizione di una “felicità matura”.

Nel suo successivo libro La vita autentica l'uomo autentico è quello che si apre alla verità e alla giustizia, all'espansione del bene nella solidarietà con gli altri. Ma la verità risulta poi essere non aderenza alla realtà, ma superamento di essa verso una favola di credenze fideistico religiose, dettate dalla volontà di dare un senso alla vita, senza che Mancuso riesca a nascondere dietro una panacea di buoni sentimenti la pochezza del suo inconsistente tentativo di mascherare la disperazione dietro frasi prive di senso, come il dire che “il bene è il compimento razionale dell'essere”. Come se la natura fosse orientata verso il bene, cioè verso valori morali, che sono culturali, e non naturali. Non vi è alcuno che, dotato di un minimo di capacità di analisi del linguaggio, non percepisca in ciò una delle tante stronzate da linguaggio ispirato di cui è pieno il libro, che le nasconde dietro una superficiale e manualistica citazione di vari filosofi per offrire un gustoso cockail al lettore comune, sprovveduto ed ignorante.

Riflettendo sulla natura, sulla “crudele” selezione naturale, bisognerebbe dire, come Jago nell'Otello di Verdi: “credo in un Dio crudele”. Io ho scritto un testo intitolato “Che cos'è veramente IL DIRITTO NATURALE nella distinzione tra morale e diritto”. Scrivere su Google il titolo per trovare l'articolo

1P. Schoonenburg, Il mondo di Dio in evoluzione, Queriniana 1986; P. Smulders, Fede nella creazione ed evoluzione, inAaVv, Riscoperta dell'uomo, Mondadori 1967;J. Moltmann, Dio nella creazione, Queriniana 1986; A. Haasw, L'idea dell'evoluzione e la concezione cristiana del mondo e dell'uomo, in Aa.Vv., op. cit.; M.J. Nicolas, Evoluzione e cristianesimo, da Teilhard de Chardin a S. Tomaso, Massimo 1973. Vittorio Marcozzi, pur riconoscendo che “l'accertamento di un fine non si può far valere in forma tangibile, cioè sperimentalmente, perché il fine, in quanto fine, non si trova, né si vede” (Caso e finalità, Massimo1976, p. 16), rispolvera il vecchio argomento teologico dell'opera d'arte che presuppone la mano dell'artista (Le origini dell'uomo, Massimo 1983, p.161). Importante per questi autori è superare l'evoluzione di Darwin e il gioco dei fattori casuali, per fondare l'evoluzione su un progetto divino. Si introduce così un salto mutazionale tra animale e uomo. In particolare, per Nicolas (che espone il pensiero di Teilhard de Chardin) l'homo sapiens è il punto di arrivo di umanità intermedie e convergenti in esso. L'humanitas originans, raggiunto lo stadio del linguaggio e del pensiero, sarebbe stata portata ad una rivelazione tramite l'alleanza con Dio. La rottura di tale alleanza avrebbe fatto venir meno la disposizione della grazia, coinvolgendo l'umanità successiva. L'autore riconosce però che tale soluzione lascia insoddisfatti. Meno male. Trattandosi di fantasia che galoppa. A. Lappale (Messaggio biblico per il nostro tempo, Paoline 1969) preferisce una sorta di agnosticismo nei confronti delle difficoltà che sorgono dalla teoria dell'evoluzione nei confronti della religione, soprattutto riguardo al momento in cui l'uomo avrebbe avuto l'anima immortale. Già Leibniz aveva supposto che Dio avesse infuso l'anima razionale o per metodo naturale, secondo un disegno preordinato o tramite l'intervento diretto di Dio stesso, che avrebbe agito per una sorta di transcreazione. Ma la teoria di Leibniz comportava coerentemente che anche l'anima di un insetto sopravvivesse (Scritti filosofici, Laterza 1963, pp. 190, 330, 356).E' proprio vero che oggi Vittorio Mancuso ha scoperto l'acqua calda. Ma nessuno l'ha notato.
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