giovedì 24 maggio 2012

LA MAFIA NON SI COMBATTE CON CORTEI. RISPOSTA AD UN COMMENTO

Un certo Giovanni mi ha scritto. 
Il brano riportato sotto è un estratto di un suo PDF.

L’ecumenismo religioso alle radici della follia politica odierna
del multiculturalismo dell’immigrazione nella confusione tra
morale e diritto con la politica dell’accoglienza
Oggi si vuole imporre - e con l’ingerenza della Chiesa in questioni puramente
politiche, e non morali - la solidarietà economica del nord d’Italia con le regioni
del sud, anche quando queste, che hanno paura che con il federalismo diminuiscano i trasferimenti di danaro dal nord, si meritano solo l’autogoverno della mafia, per cui nessun imprenditore del nord è disposto ad investire nel sud.
Platone considerava che “il frequente mescolarsi dei cittadini di Stati diversi conduce ad un ibridismo nei costumi” che “porta danno enorme agli stati ben organizzati e fondati su buone leggi” (Leggi, XII, 949e). Precedentemente, infatti, capendo il pericolo che poteva derivare dal conflitto sociale che tradizioni culturali e giuridiche diverse potevano generare, aveva scritto sugli immigrati (850c):
“Passati vent’anni” – troppi – “prendano la loro roba e se ne vadano”.

….......

Io non so se tale PDF è un saggio a sé o un capitolo del suo libro:
“Scontro tra culture e metacultura scientifica: l'Occidente e il diritto naturale. Nelle sue radici greco-romano-cristiane. Non giudaiche e antislamiche”,
fatto sta che lei apre il discorso sull'immigrazione islamica facendo riferimento ai trasferimenti di denaro dal Nord al Sud d'Italia. Quindi, prof. Melis, non può venirmi a dire che non c'è contrasto tra il titolo del saggio e il suo contenuto. Io trovo fuori luogo che in un discorso sull'immigrazione dai paesi arabi e africani lei accenni ad una questione che esula completamente dalla tematica che il saggio prende in esame.
Ma non è questo che io volevo mettere in rilievo, quanto piuttosto il fatto che i suoi riferimenti al Sud denunciano tutti un robusto disprezzo per la sua gente (del Sud!), colpevole evidentemente ai suoi occhi di convivere con la mafia! Ma ciò non è forse confondere un disagio sociale con un grave problema di emergenza delinquenziale?
Come si può colpevolizzare un'intera popolazione sol perchè assassini senza scrupolo si trovano a calpestare il suo stesso suolo?
Finiamola di addossare la colpa dell'arretratezza economica del Sud in modo indiscriminato a tutta la sua gente. E dire che anche la sua Sardegna ne fa parte!
I guai del Sud hanno radici antiche, e affondano tutte in quel tragico evento che è stato l'unità d'Italia, vero atto proditorio dei Savoia nei confronti del Regno delle Due Sicilie. La Mafia e la Camorra sono un loro regalo! Sa meglio di me che in Sicilia fino al 1860 c'erano i cosiddetti campieri, che per quanto violenti, si limitavano a fare gli uomini di forza dei baroni. Come non ricordarle poi che a Napoli quel traditore di Liborio Romano nominò capo della Polizia Urbana un camorrista come Salvatore De Crescenzo?
Professore, ma come ha potuto una persona intelligente e preparata come lei, farsi avviluppare dalla becera retorica populista di quegli infami dei leghisti?


 
E così ho risposto. 

Ho riletto il testo e trovo che i due argomenti apparentemente slegati sono uniti insieme dalla critica al concetto MORALE  di solidarietà di cui fa abuso la politica, mentre la solidarietà potrebbe appartenere solo alla carità cristiana. Da qui la confusione tra morale e diritto. Ciò chiarito io rimprovero il Sud di essere in quasi tutte le regioni "governate" dalla delinquenza organizzata che si è espansa verso il nord. Questo è un fatto. Sulle cause storiche vi è tutto da discutere. Io non accetto che le popolazioni del Sud possano ritenersi immuni da colpe. Sono vittime? Può darsi. Ma è possibile che da più di un secolo e mezzo non si ribellino?  A che serve fare manifestazioni e cortei se i commercianti debbono pagare sempre il pizzo e gli industriali onesti debbono sottostare all'industria del crimine? Lei ha qualche soluzione? Il solito discorso sull'educazione nelle scuole, della società cosiddetta civile e bla, bla, bla? Ma lei ci crede? Io no. I giovani possono anche essere in buonafede quando nelle scuole e in piazza manifestano contro la mafia con le immagini di Falcone e Borsellino. Ma quando dovranno entrare nel mercato del lavoro si dovranno arrendere facendo i conti con la realtà, accorgendosi che il lavoro passa attraverso la mafia. Io so soltanto che il resto dell'Italia starebbe economicamente meglio senza il Sud. Quanto alla Sardegna, per carità! Se vi è uno che considera i sardi un popolo di parassiti che nella loro storia hanno dimostrato solo di saper mungere le pecore sono io. Sette milioni di pecore per un milione e 600 mila abitanti.   La storia della Sardegna del sardo Giuseppe Manno (ministro del regno sardo piemontese) ha dipinto i sardi nella loro realtà storica, fatta di lotte intestine, di sardi che al soldo degli aragonesi combattevano contro altri sardi (del Giudicato d'Arborea) con 5000 morti nella battaglia di Sanluri (1409) che vide la fine dell'indipendenza dell'ultimo Giudicato. Però la mafia non ha attecchito in Sardegna sia perché è un'isola distante dalle regioni mafiose sia perché l'individualismo sardo, con invidie distruttive tra sardi e sardi, non consente un tessuto connettivo favorevole ad infiltrazioni mafiose. 
Il Sud rimprovera l'annessione sabauda? E perché poi non si è ribellato? Perché ancor oggi non esiste un movimento indipendentista visto che la colpa  non è della gente del Sud? Io so che l'Assemblea siciliana ha dei poteri che rasentano l'indipendenza, ma non economica, con consiglieri regionali che hanno stipendi superiori a quelli dei parlamentari. E i soldi da dove arrivano? Dal governo centrale, cioè per la maggior parte dal nord. E' inutile presentarsi come vittime di altri . Il latifondo esisteva già nel Regno delle Sicilie, con grandi proprietari terrieri e con contadini sfruttati. Terreno fertile per far sorgere il potentato dei futuri mafiosi. E ad ogni modo, lasciamo perdere il discorso sulle colpe che non finirebbe mai. Vari studiosi, come Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, si sono occupati della questione meridionale. Risultato? Niente. Perché? Vi è la delinquenza mafiosa. Come liberarcene? Lo dica lei. Io un mio pensiero l'ho espresso. Ma mi prendono per matto se dico che bisognerebbe sospendere la democrazia nelle regioni mafiose. Oppure il Sud si distacchi dal resto d'Italia e faccia da sé. Sarebbe la cosa migliore. Ma basta con le manifestazioni di piazza contro la mafia, che se la ride. Basta con i discorsi inutili alla Saviano. Non ne posso più.

1 commento:

Giovanni ha detto...

Bene professore, credo di aver trovato finalmente un interlocutore sagace e coraggioso con cui discutere senza ipocrisia sui tanti gravi problemi che affliggono il nostro mondo.
Le dico apertamente, e senza ombra di piaggeria, che il suo modo diretto di approcciarsi ai problemi mi piace, stante anche l'enorme competenza che vi si ravvisa. Certo, a volte le sue prese di posizione su certe questioni sono così radicali che non si può che o accettarle o respingerle in toto. Insomma è difficile che i suoi discorsi possano perdere compattezza o la nettezza dei contorni con cui li costruisce, dal momento che quando argomenta si guarda bene dall'entrare in quella zona nebulosa e grigia del pensiero in cui per solito si alimentano malafede e codardia intellettuale.
Vedo poi che non perde occasione in tutto ciò che scrive, di ribadire il fatto che chi azzarda analisi sociologiche o politiche dovrebbe tenere ben distinte tra loro sfera morale e sfera giuridica, inquantochè per lei (ma è anche una mia convinzione, più volte ribadita in alcuni -pochi in verità- miei scritti) la morale si pone come fatto residuale rispetto al diritto.
Io non credo però che le scelte di politica economica messe in campo per il Sud dai nostri politici siano o siano state dettate da intenti solidaristici, quanto piuttosto da interessi lobbistici quasi sempre intrecciati e confusi con quelli delle organizzazioni criminali, che qui da noi la fanno da padrone, anche se ormai le loro propaggini si sono diffuse su tutto il territorio nazionale.
Guardi, professore, che il Sud ha provato a scuotersi dal giogo piemontese già subito dopo la sua invasione, ma ormai i giochi erano fatti, e nulla potettero le insorgenze dei contadini e la lotta per bande ingaggiata dai soldati del disciolto esercito borbonico; insorgenze e lotte che poi gli storici di regime hanno bollato come brigantaggio. Per avere ragione di quanti cercarono di liberare il Sud dalle grinfie del dispotismo nordista, il Piemonte dovette impegnare ingenti forze militari. Si pensi soltanto che nel 1865 gli uomini impegnati (tra soldati e guardia nazionale) nell'opera di repressione ammontavano all'impressionante cifra di 500.000!
Il Sud fu letteralmente espropriato di tutte le sue risorse economiche. Banche, industrie, chiese, possedimenti della corte borbonica furono aggredite dalla rapacità di migliaia e migliaia di avventurieri scesi al Sud col solo intento di saccheggiarlo.
Saprà certamente che Salvemini, federalista, espresse giudizi pesantissimi sulla classe dirigente del Nord, accomunandola per certi versi alla Mafia del Sud (in un suo libello Salvemini definì Giolitti “il ministro della malavita”)! Né più tenero fu Giustino Fortunato, che pure aveva visto l'unità d'Italia come un fatto positivo.
Che poi le decisioni di politica criminale prese dai governi che si sono succeduti dal 1861 ad oggi per combattere le organizzazioni criminali avrebbero dovuto contemplare per i loro affiliati la pena di morte, mi trova pienamente d'accordo.
Infatti se lo Stato non adotterà misure draconiane per spazzare via questa feccia umana, sarà difficile che possano farlo i semplici cittadini. Né è pensabile di poter scalfire il potere delle Mafie con le solite manifestazioni di piazza inscenate dagli studenti. Quanto a Saviano, poi, mi vien da dire che egli è il miglior interprete di una società come la nostra che tende a spettacolarizzare tutto, dolore compreso! Saviano comunque è il miglior promotore di se stesso.
Riguardo alla sua Sardegna, professore, i suoi conterranei l'hanno voluta assecondare: avendo deciso di limitare le nascite (umane) (come piace a lei), hanno lasciato che crescessero a dismisura le pecore, le quali, come tutti gli animali, sono amate da lei più degli stessi uomini!
Saluti

Giovanni