giovedì 10 settembre 2009

Napolitano si tappi la bocca

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Non vi è mai stato un capo dello Stato che prima di Napolitano si sia impossessato della TV per sciorinare quotidianamente i suoi sermoni. Questo postcomunista - che vergognosamente nel 1956 (aveva 32 anni) plaudiva con Togliatti ed altri individui della stessa stoffa alla repressione della rivolta ungherese soffocata dai carri armati sovietici con 20.000 morti - farebbe bene a parlare di meno, anche perché direbbe meno stronzate. Contagiato dal relativismo e dal multiculturalismo recentemente ha messo insieme le condanne del razzismo e della cosiddetta "omofobia", termine ormai in voga da pochi anni. Non si sa chi sia l'autore sciagurato di questo neologismo. Ormai i normali, anche grazie ad un indegno capo di Stato (eletto, se lo ricordi, da un parlamento durato solo un anno e mezzo, con una maggioranza fasulla di 24.000 voti contestati alla Camera e con una inesistente maggioranza di governo al Senato) debbono sentirsi vittime della lobby dei pederasti, che pretendono nella loro arroganza di essere normali, contrabbandando come normale la cancellazione della distinzione naturale tra il culo e la vagina. E pretendono anche di usare una violenza psicologica nei confronti dei normali imponendo la rinuncia alla repulsione naturale dei loro comportamenti in pubblico. E chi non rinuncia a tale naturale repulsione deve subire l'accusa di "omofobia". Incredibile. Ormai il deleterio relativismo culturale ha portato alla conseguenza assurda che l'arroganza degli anormali (che ritengono sia normale incularsi) debba prevalere sulla reazione di schifo dei normali. Anche il diritto naturale di provare schifo per i pederasti ci vogliono togliere, grazie anche al predicatore quotidiano postcomunista Napolitano, che fa finta di dimenticarsi che, quando plaudiva ai carri armati sovietici in Ungheria, i pederasti in Unione Sovietica venivano messi in carcere. Ora si è passati da un estremo all'altro. Si faccia un esame di coscienza il Napolitano, che, se avesse avuto un pò di dignità, non avrebbe accettato di essere eletto da un parlamento con una falsa maggioranza.

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